- Testimonianze popolari - Roberto - pag. 1 |
||
Storia del Duomo di Torino sede della Sindone
Duomo di Torino
***
La tradizione ci dice che il primo messaggero del Cristianesimo fu San Luca, mandato da San Pietro nelle Gallie, poi seguito dai Santi Barnaba, Calimero, Dalmazzo. I primi santi torinesi furono: San Solutore, San Avventore e San Ottavio, soldati della legione Tebana.
|
- Testimonianze popolari - Roberto - pag. 2 |
||
Gomone
con lo zodiaco sul lato a destra del Duomo
***
Nel 300, sul Monte Musiné, brillò una Croce. La videro molti abitanti della periferia di Torino verso Collegno e dintorni; anche l'Imperatore Costantino la vide e mise sulle spade del suo esercito questo segno dicendo: "In hoc Signo vincis" e i legionari romani, colmi di fede, vinsero Massenzio nelle vicinanze di Torino nella famosa battaglia dei "Campi Taurinensis" non lontano da Rivoli. Dopo la coordinazione territoriale delle Diocesi, prese cura della Cristianità di Torino il Vescovo di Vercelli, S. Vittore, fino all'anno 380 circa quando, costituita la Diocesi di Torino, ne fu titolare S. Massimo, mentre S. Ambrogio reggeva quella di Milano e S. Eusebio quella di Vercelli. Nel 398 ebbe luogo nel Duomo di Torino, detto di S. Salvatore, il Sinodo dei Vescovi delle Gallie. Di questa prima Chiesa sono visibili le fonfamenta negli scavi vicino al campanile (del Duomo), fatti fare dalla Soprintendenza ai monumenti del Piemonte, (1898 - 1908); frammenti visivi del pavimento del Presbiterio che componevano l'esatta configurazione che determinava l'ubicazione della chiesa di S. Salvatore sono conservati nella sezione sotterranea del Museo d'Arte Antica del Palazzo Madama. Gabotti nella sua "Storia di Torino" dice che vi si trova pure un mosaico detto "della Ruota della Fortuna", sul quale si vede: la Fortuna coronata, mentre sta mettendo in moto una ruota con nei suoi raggi, raffigurante le varie condizioni dell'uomo, i fortunati e gli sfortunati con grandi maschere demoniache e animali fantastici, tutto racchiuso in zone bianche e nere ondeggianti come un mare che forma un cerchio. (Diario di Torino di Rondolino). Nel 530, di fianco alla Chiesa di S. Salvatore, il Duca Agilulfo, sposato a Teodolinda Regina dei Longobardi, da poco tempo convertita al Cristianesimo, decise di erigere un secondo edificio di Culto, denominandolo: S. Giovanni Battista che comprendeva un antico Battistero ottagonale che Rondolino chiamò Tegurius = edicola, sormontata da quattro colonne ottagonali. Questo Tegurius fu testimone di un grave delitto (662). Il Duca di Torino Garubaldo erasi macchiato dell'assassinio di Re Godeberto, nipote di Teodolinda, e i suoi famigliari covavano vendetta. Nel giugno della Santa Pasqua nel 662, mentre il Duca percorreva la navata del Tempio, vicino alla Sacra Fonte, un parente del Re gli inferse un fendente di spada tale da recidergli la testa. L'uccisore venne subito linciato e ucciso dalla scorta di Garubaldo. Verso il 1000 il Vescovo Landolfo fece rifabbricare la Chiesa, che venne restaurata nel 1395 ed ebbe il privilegio di accogliere la mandibola del Santo Patrono. Una terza Chiesa (Santa Maria) venne a consolidare le due già esistenti fungendo da Parrocchia: Santa Maria de Dompno (uguale "de Domini") aveva un campanile che troviamo ben visibile nel plastico delle tre chiese di S. Solero, dove si può vedere la preminenza sulle altre due della Basilica mediana di S. Giovanni. Restò così fino al 1490 quando il Vescovo Domenico della Rovere dei Signori di Vinovo fece abbattere le tre costruzioni per donare a Torino una nuova Cattedrale, monumento tipico del Risorgimanto, su disegno di Baccio Pontelli, fiorentino aechitetto di Sisto IV. Nel mausoleo degli Arciduchi di Torino vennero deposte le salme di Olderigo Manfredi deceduto nel 1035 e di Oddone di Savoia (1060). Domenico della Rovere fu creato Cardinale da Papa Sisto IV, Francesco della Rovere di umili natali, appartenente al ramo decaduto dei Savoia; consentì l'autonomia dell'Arcivescovado di Torino rispetto a quello di Milano. Il Duomo fu terminato nel 1498. Per un pò di tempo rimase ancora l'antico campanile di Santa Maria del Dompno mentre già nel 1470 il Vescovo Giovanni di Champay aveva fatto innalzare la torre campanara che il Juvarra sopraelevò di 12 metri nel 1700: l'altezza totale è di m. 60. Sulla parete frontale c'è una lapide con le armi del Champay anche se al finanziamento dell'opera contribuì largamente il Reggente Duca Filippo II (il senza terra). Ora mi accingo a presentare il Duomo di Torino com'era prima del grave incendio della Cappella del Guarini, successo nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997. *** Il Duomo si vede su un'ampia scalinata estesa su tutta la facciata con angoli elegantemente smussati in modo che da ogni parte si sale comodamente per trovarsi in uno spiazzo dinanzi ai tre portali, finemente decorati in stile toscano. La facciata è semplice e elegante, fatta con marmo bianco di Chianoc, opera di Leo del Caprino: Amedeo di Settignano. La costruzione è a croce latina, ha tre navate e 14 cappelle, cupola ottagonale. Nella prima cappella a destra c'è una statua di terracotta dorata della Madonna delle Nevi proveniente dall'antica chiesa parrocchiale di Santa Maria del Dompno, detta Madonna grande. Nella seconda troviamo il trittico di Defendente Ferrari che illustra S. Orso, S. Crispino, S. Crispiniano. Nella terza vi è una pala del Garavoglia. La quarta è dedicata alla Natività, con ai lati, in due nicchie, i busti dei Vescovi Bergera e Beggiano. Nella quinta si custodiscono le Reliquie di S. Secondo, martire Tebeo; nella sesta un dipinto di Rodolfo Morgari che raffigura il Santo Titolare: S. Giovanni Battista. Nella settima del braccio destro c'è l'Altare del Crocefisso dei fratelli Collino e di fianco vi sono due belle statue del Le Gross che rappresentano Santa Teresa e Santa Cristina. Il Crocefisso ligneo è di Francesco Borello. Soprastante vi è l'organo rimodernato nella parte meccanica da Giacomo Baroni Veghezza (1874): ricorda nella sua opulenza barocca i fasti della cappella reale dei musici e cantori sciolta dopo il trasferimanto della capitale. Indi, si acclude alla Sacrestia, disadorna. Subito vediamo il monumento funerario del Vescovo Claudio Di Seyssel di M. Samrichele, un Crocefisso di Plura e il battesimo di Gesù di Spanzotti, già trafugato e ritrovato. In centro della chiesa c'è l'Altare maggiore, tutto di marmo nero, dono del Vibò: è posto sul presbitero rialzato per recuperare lo spazio ceduto per la costruzione della Cappella Reale della Santa Sindone, retrostante all'Altare e notevolmente elevata, visibile attraverso una vetrata enorme. Per accedere alla Cappella vi sono due scaloni del Castellamonte (1653) a scalini curvi che conducono all'altare della Sindone dove il barocco del Guarini esplode senza riserve. E qui l'ammirazione è enorme e di tutti. Il pavimento è tempestato da stelle d'oro di circa 40 cm. di diametro e la cupola che sovrasta il presbitero è modesta ma bella con la sua loggetta a balaustrini. Dietro l'Altare maggiore, prima di rialzare il Presbitero, era situata l'edicola in legno del Santo sudario; in attesa della nuova apposita Cappella, sostò anche nell'Altare di S. Stefano e Caterina, in capo alla navata di sinistra (a quei tempi arcate laterali contenevano due distinti organi). Nella parte sinistra del transetto - dove vi era la cappella della Trinità e con il Duomo nuovo di S. Luca - Vittorio Amedeo III fece costruire una tribuna reale, disegnata da Martinez Francesco e scolpita da Ignazio Perucca (1777) alla quale si arriva direttamente dalla reggia. Le Cappelle di questa navata non sono di interesse artistico poichè i migliori dipinti di Rossignoli, Caravaglia, Casella, Moncalvo e Dauphin furono rimossi perchè in cattivo stato. Da ammirare è l'Altare di S. Onorato, patrono dei panettieri, con icone e medagioni del Dauphin. In fondo alla navata si vede il Fonte battesimale e, infissa nel muro, la lapide funeraria del Vescovo Ursicino deceduto nel 609, successore di S. Massimo; di lato al portone centrale si nota la pitra tombale del Vescovo di Mondovì Amedeo di Romagnano (1496) e il monumento sepolcrale di Giovanna d'Orliè. Sopra l'ingresso Carlo Felice ha fatto collocare una copia della Coena Domini. Il tesoro del Duomo contiene un bassorilievo d'argento che raffigura il miracolo del 1453, il Calice del Vescovo Ludovico di Romagnano usato in quella circostanza per accogliere l'Ostia prestigiosa, il Messale miniato di Domenico della Rovere, ecc. Nel 1929 il Duomo fu restaurato da Cesare Bertea che con il ripristino eliminò la decorazione pittorica del soffitto e delle pareti, concepita dal Tallucci e realizzata nel 1835 da una schiera di artisti valenti: Vacca, Fea, Gonin, Morgari. I soggetti dei dipinti sono elencati nell'Armeudo (II cap. Torino Sacra). Mi scuso di non poter dire di più tanto, di come era prima del terribile incendio della notte tra l'11 e il 12 aprile 1997 e spero di poterla riconoscere quando avranno finito i restauri. Martina Brio Maria Maddalena |