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TRASLAZIONE  DELLA: " HISTORIA DELL'AUGUSTA CITTA' DI TORINO” DI EMANUELE TESAURO edita in Torino MDCLXXIX


Antipagina Teasuro 02

"Historia dell'Augusta Città di Torino" di Emanuele Tesauro Roberto - pag. 1

Dal Libro primo
Nota: Il testo traslato mantiene la forma grammaticale dell'epoca, vi è solo la sostituzione del carattere “&” con la “e” attualmente usata, e la “s” (carattere lungo) è distinta dalla “f”
Le più nobili Città, come i più nobili (1) Fiumi, più si conoscono nel progresso che nella origine. Ma la più (2) antica memoria, e la più ricevuta dagli antichi e dai moderni Scrittori circa la Origine dell'AUGUSTA DEI TAURINI, fu questa.

Faetonte

(3) Faetonte, detto con altro nome Eridano, Principe Egittio, avido di gloria, e di nuovi Imperi; passato dal suo Canòpo nella Magna Grecia, costeggiò tutta la spiaggia del Mar Tirreno: e conquistando tutto il tratto dei Maritimi Gioghi dalla Macra al Varo; chiamollo col nome del Figiuolo, Ligùria Alpestre: e sceso nelle piacevoli falde Campestri, chiamate di poi Liguria Faetontea; quivi sopra la sponda del Po, (4) fondò questa Colonia (5) fra le altre singolarmente honorata.

Perché (6) prendendo gli Auspici dal suo Api, adorato in Egitto per Patrio Nume sotto sembianza di Toro; del Nume istesso le diede le Insegne e'l nome.

Apis
Apis (presso Glipoteca di Copenaghen Ny Carlsberg)

Onde troviamo nelle antiche memorie questa istessa Città con due diversi Nomi dal suo Autore illustrata. Peroche da quel Toro Augurale fu detta Taurina: e (7) Taurini gli suoi Cittadini, e i Popoli del suo Distretto, essendo Capo di Provincia. (8) Et Taurine le Alpi sopra lei eminenti, che lunghi secoli apresso furono chiamate Cottie. Dal Cognome poi del suo Fondatore fu cognominata (9) Eridana: e (10) Eridano il suo Fiume, (11) unico Re dei Fiumi. Ma da poi di havere in queste Contrade quel fortunato Conquistatore come un chiaro Sole splendidamente trionfato dell'una e dell'altra Liguria; ecco che (12) per diporto agitando la quadriglia lungo la margine del Fiume, per accidente disastroso esorbitando i destrieri, nel suo Fiume travolto, con la vita brieve, vi lasciò un nome eterno; e la vera (13) Historia diede il soggetto alla Favola. Per la perdita di Gloria, del valore, e di tutto il Regno lasciasse Herede: tanto nondimento fu il pianto dei suoi Popoli, e degli Egittij, che l'Egitto gli eresse un Mausoleo: e gli Astrologi loro, tra le Costellazioni celesti instellarono il Fiume ed il Signore. Onde (14) si può calcolare, che questa Città sia stata fondata molti secoli avanti alla fondazione di Roma; e etiamdio alcun secolo avanti alla guerra Troiana: essendo il Diluvio di Faetonte avvenuto circa l'anno del Mondo due mila cinquecento trenta: cioè, mille cinquecento vintitre Anni avanti a Divini Natali: settecento settantadue, avanti la fondazione di Roma.

Ma se la fertilità del Suolo, la piacevolezza del Sito, e l'opportunità del Commercio, son le tre prove più evidenti dell'antichità delle Cittadi, dovendo altre volte esser piaciuto quel che ora piace: (15) Siede sopra quel feroce, ma qui Pacifico, Fiume; che nel più alto dei Monti havendo alti natali; da due chiari e pescosi Fiumi Dora, e Stura già maggior di se stesso, rende il Suolo sommamente felice.

Ne men felice è la sua Posta, godendo un Clima temperato, un Sito uguale, un'Aria ferma; Circostanze che molto contribuiscono alla virtuosa indole, e alle Arti pacifiche e militari.

A che si aggiunge dall'altra l'apricità dei Colli favoriti da Bacco; gemini Elementi della Vita, e Alimenti della Letitia dei Popoli, come osservarono (16) coloro che scrissero del Genio dei Torinesi. Che se di commune consentirono la più fiorita regione dell'Universo è l'Italia: e della Italia (17) la Gallia Cisalpina, dai Romani Storiografi è chiamata il lato più fiorito: e di tutta la Cisalpina, questa è la Provincia più fertile e abondante: senza temerità (18) si può dire che questa Città sia collocata nel più ferace e florido Suolo di tutto il Mondo. Questa è finalmente (19) la Città più opportuna al commercio della Italia seco medesima: da lei cominciando l'Eridano a soccolare con giuste forze le merci per portarle dalle Alpi all'Adriatico. (20) Ne men'opportuna al commercio della Italia con la Francia, tenendo la chiave di que' maggiori Cancelli, che la Natura frappone tra l'una e l'altra, per separarle. Ma quegli stessi Monti che separano, non sono ignudi scogli, o sterili massi, come i Ligustici montani; ma le falde son fertili di messi e dolci frutti per delicia degli habitanti; le cime di herbosi pascoli e fresche fonti, per estivo soggiorno de' lieti Armenti: e le midolle farcite di nobili marmi, e pretiosi metalli: siche alpestri Alpi non sono; ma vaghi Scrigni della Natura.

Tante commodità, si come da tutti' tempi invitarono Fondatori e Occupatori: così non potean mancare Distruggitori e Ristoratori. Onde seguì la varia fortuna di questa, non so s'io dica felice ò misera Città: essendo la Calamìta delle Calmità un bel Paese. Ella fu fabricata per commodo de' suoi; e poi soggiogata per la cupidità degli stranieri: hora distrutta per l'ardire di resistere ai più forti; e hora rifabricata per le speranze di miglior forte: provando sempre gli estremi beni, e gli estremi mali; hor Augusta, hor Angusta, hor ricca, hor spogliata; hor di marmo, hor di loto: sempre sepolta e rediviva: finchè per la mgnificenza di quella Real Casa che per sua Reggia la elesse; al presente gareggiando di beltà con le più belle e più liete Città della Italia, và ritornando qual fu sotto l'Impero (21) di quello, che col suo Nome la fece Augusta.

Et questo è quello, che circa l'antica Origine di questa Città mi sia convenuto di ricordare. Ma per tralasciar quegli Anni ne' quali ella, ò per la neghittosa Pace, ò per le Guerre soverchie, haveva poche lettere come disse (22) Livio, de' primi Secoli della città di Roma) non lasciò agli Scrittori memoria di se medesima: comincerò da quel Secolo, in cui cominciò la sua Fama co' suoi affanni.

Dico adunque, che regnando in Roma con Scettro Tarquinio il Buono, (23) salito al Solio centotrentotto Anni dopo la fondazione di Roma; seicento quattordici avanti a' Natali del Salvatore. (24) Ambìgato Re della gallia Celtica, vedendo il suo Regno per tanta copia di beni, tanto copioso di Popoli, ch'egli horamai non haveva redini da domarli; prese un savio Consiglio di scaricare gran parte sopra i Regni stranieri, per essere maggior Re con minor Popolo.

Havendo egli dunque due Nipoti, giovanetti ardenti e valorosi, Belloveso e Sigoveso fatte tra loro tirar le sorti; mandò il minore con grandissima gente in Germania; e il maggiore con altrettanta in Italia à procacciarsi avventure, per camini ugualmente difficili: à Sigoveso fra le vaste solitudini della Selva Hericinia; e à Belloveso fra le ruinose balze de' Gioghi Alpini. Ma come a' timidi nulla è facile; così nulla è difficile à che ha gran cuor. Lasciando noi dunque ad altri il pensiero del cammino di Sigoveso; seguiremo la scorta di Belloveso. (25) Era di quel tempo in Italia grandissimo il Nome e la potenza de' toscani: perchè prima che l'Aquila Romana stendesse gli artigli sopra di loro, già il Toscano Impero in larghezza era steso dall'Adriatico al Tirreno: e in lunghezza, dalle Alpi al Latio: e oltre al Latio, ancor nella Campagna felice, Capua e Nola erano Toscane Colonie: e verso la Alpi, havevano essi occupata alli Sicessori di Eridano l'una e l'altra Liguria: Torino era divenuto la più forte Colonia loro contro a Popoli Transalpini: e qua mandavano dalla Toscana il lor Lucumone (così chiamavano il Presidente della Provincia) co' Presidiarij Toscani. (26) Scese dunque per vie sconosciute e precipitij orrendi l'intrepido Belloveso  al piè delle Alpi Taurine co' suoi Venturieri; havendo egli à sua scielta condotti all'alta Impresa il fior de' Bitùrigi, Aruerni, Sénoni, Hédui, Ambarri, Carnutesi, e Aulerci: altri nella pedestre, e altri nella equestre Militia inuitti e prodi.

Quivi trovò li Toscani per la lunga Pace, ne alla Pace, ne alla guerra apparecchiati: onde alla improvisa giunta di quel Popolo, come da una celeste procella sbigottiti gli Presidiarij Toscani col loro Lucumone, fuggendo à volo più che à passo; (27) i Torinesi, abbandonati da' suoi Signori e Difensori; ricevettero Belloveso Signore si appropriò questa Città col suo Distretto, lasciandovi buon presidio per sicurezza del primo acquisto e per custodia della Porta d'Italia, siche (28) da questa Provincia cominciò la nuova Gallia Cisalpina e'l nuovo nome.

Qui dunque provedutosi Belloveso copiosamente di munitioni da vivere e da guerreggiare: e accresciuto il suo Esercito con l'armi e co' tributi de' Popoli Taurini, passo Belloveso il fiume Ticino; e ne' Campi Insubri, dove i Toscani con tutte le forze loro stavano accampati, diede battaglia; nella quale (29) altra fatica non durarono i Galli contro a' Toscani senon nel correr dietro ai veloci, e uccidere i lenti. Volendo (30) adunque i Galli Conquistatori sopra i campi medesimi, dove la prima Palma era nata, far nascere una Città per Trofeo, un felicissimo Auspicio si offrì loro per darle il nome. Perché havendo inteso che quella Provincia era chiamata Insubria: e Insibria similmente chiamandosi una illustre Provincia dove habitavano gli Hedui, oggi Burgundi: la cui Città principale era detta Mediolanum; con tal nome fu chiamata dagli Hedui questa detta nuova Città; parendo loro di haver portata seco la Patria di qua delle Alpi.

Questa prima vittoria spianò la strada à maggiori trionfi senza sudore e senza sangue.

(segue la storia...)


Note dell'autore:

(1)

Le più nobili città come i più nobili Fiumi, più si conoscono nel progresso che nella Origine.

Del Nilo, Fiume del Paradiso: dell'Ana, detto il Miracolo de' fiumi: e dell'Eridano, Re de' Fiumi; son tanto ambigui i Natali, che apena usciti da una Fonte visibile, fatti invisibili; dopo un corso palese, sotterrandoli vivi, e altrove rinascendo; più non paiono quel che nacquero: e quindi con l'alimento di altri Fiumi crescendo sopra se stessi, e correndo al Mare; più certamente si sa qual sia la lor Tomba, che la lor Cuna. Così di tutte le Città più nobili per l'antichità, oscura e ambigua è la Origine; sì per la varietà delle opinioni; onde aguisa di quei Fiumi paiono più volte nate: e più per la confusione dal vero al favoloso; onde da' Sciocchi non si sa qual cosa credere. Et per cercarne solamente in esempio le più antiche Città della Italia; confusa è con con le Favole è la Origine di Roma; peroché altri la rapportano a Romolo Figiuol di Marte; altri a Saturno, e altri ad Enea Figliuol di Venere. Di Napoli, altri chiamano fondatori i Greci, e altri li Cumani per honorare il Sepolcro della Sirena Partenope. Di Padova, altri i Veneti, altri gli Euganei, e altri gli Eneti, venuti con Antenone fuggiti di Troia. Di Venetia l'antica, altri gli Eneti, venuti con Antenone, altri Veneto abnipote di Faetonte, e alltri i Veneti venuti dalla Scandia. Di Bologna, altri un Re Toscano, altri li Toscani, e altri l'istesso Ocno, altri Fero, dopo il Diluvio di Deucalione. Di Genova, altri fanno Autore Liguro Egittio, altri Genuino Capitano Libico, e altri il Dio Giano. In tutte queste Fondationi l'Historia è mescolata con la Favola; e tutte allegano il testimonio di antichi Poeti: ma non perciò s'inserisce che queste narrazioni sian false. Fu nobile instinto degli antichi Egittij, imitato dapoi dagl'invidiosi Gevi, di vestir tutte le Historiche, e le Morali, e le Dottrinali Verità con qualche allegorica, e Poetica Imitatione; per nasconderle al basso vulgo, scoprendone solamente gli Ingegni. Ma vi è gran differenza tra la Falsità e l'Allegoria. Quella insegna ciò che non è: questa insegna ciò che è: non però con termini communi, ma con linguaggio allegorico e misterioso; e perciò Sacro, e Divino. Anzi la Favola stessa prova l'Antichità delle Città.

Onde il Divino Aristotele, tra gli Argomenti comprovatori delle antique Verità, numera il detto de' Poeti antichi: e apresso i Greci, molti (come afferma il medesimo Filosofo) non davano fede a niuna Vertà, che non havesse Autore qualche celebrato Poeta. Peroche usando i Poeti Antichi; non di far credere le sfrontate falsità, come i Moderni: ma di onorare la Verità con misteriose Figure, come si è detto; faccano ad un tempo due nobili Personaggi, l'Historico, e il Poeta. Ma non è cosa da tutti l'intendere i sentimenti delle antiche Poesie. Tre Sapientissimi Filosofi, Zenone, Cleante, e Crisippo, come scrive Marco Tullio “De Natura Deorum”; e apressoquesti, Tzetze, e Eustathio Dottissimi Greci: imitati da poi da due famosi Latini, Pierio Valentiano, e Natal Conti; eruditamente considerando ciò che quei Sacri Poeti, e ciò che dissero come Historici; cavarono il midollo della Historica Verità, della forza del Poeta Allegoria: alche molta opera è necessaria, e molta eruditione. In questa guisa si de' giustificar l'Origine delle antichissime Città che à principio par favola: e così ha fatto il nostro Autore, come vedrai.

(2)

La più antica memoria. & la più ricevuta dagli Antichi e moderni Scrittori, circa la origine dell'AUGUSTA DE' TAURINI

Egli è Regola generale de' Cosmografi e de' Cronologi, trattandosi dell'Antichità delle Città; doversene stare, come vdisti, al Testimonio degli Antichi. “Antiquati de Antiquatibus magis creditur”: dice Giovanni Anni; Coment, “super Beros”. Ma quando al Testimonio degli Antichi consuona seguentemente il sentimento de' Nomi, e de' Luoghi, e altre memorabili Circostanze; sarebbe fra gli Storiografi temeraria impertinenza il contradire.

(3)

Faetonte, con altro nome detto Eridano, Principe Egittio, avido di gloria & di nuovi Imperi,

Se un Nome decantato nelle antiche Favole si dovesse chiamar favoloso, e far ridicolosa la Fondatione delle Città; falsa e ridicola sarebbe la fondazione di tutte quelle antichissime e nobilissime Città d'Italia che si son dette. Ma che sia di quelle, e de' loro Autori; che non è stato che il Nome di Faetonte benchè celebrato nelle Favole, sia nome favoloso: anzi egli è nome Historico di un reale e vero re: e l'haver fondate Città e il suo Regno in Italia, non è Attione allegorica; ne raccontata favolosamente da' Poeti; ma historicamente registrata da grandissimi Storiografi, e Cronologi di tutti i tempi ne' loro scritti. Anzi benchè la sciagura di Faetonte sia stata dagli Antchi Poeti figurata sotto un allegorico Mistero, sconosciuto a que' profani intelletti che non posero il piè ne' sacri penetrali de' Poetici Oracoli: nondimento quella stessa Favola, à chi l'intende; come Historia; come scrisse Platone nel suo Timeo; e apesso udirai. Ma lasciando per hora in disparte la Allegorie de' Poeti, per attenerci alla historica e nuda Verità: fu questo Faetonte (con altro nome chiamato Eridano) un Principe Africano, il quale invaghito di nuovi acquisti, partito dall'Egitto con Liguro suo Figliuolo, e tutta la sua famiglia, e con grandissimo numero di Venturieri per fondar nuove Colonie di qua dal Mare; approdò nella Grecia; e di qui passò in Italia. Sicome ne' secoli più vicini, e Galli, e Cimbri, e Teutoni, e Heluetij, o per procacciar fama, o per cacciar la fame, cercarono altre Patrie sotto bellicosi Duchi: così di que' Secoli, per simil genio passarono gli Africani nell'Europa, e gli Europei nell'Africa. Anzi di tutti i tempi piacque à chi fece il Mondo di far parer più dolce la Terra altrui che la propria, acciocchè tutto il Mondo fosse abitato.

Hor quando a Faetonte; con altro nome sinonimo detto Feretonte; Beroso Caldeo il più antico de' Cronologi e più perito della lingua e de' successi de' Poeti: nel Libro “De Gencal primorum Ducum”, dopoi di aver descritta la Genealogia di Faetonte: “Phèriton, sine Phaeton: à quo genius Ligur, à quo Cydnus” venuto di poi de' loro attioni; narra del Libro “De Regib. Assiriorum”, che l'Anno penultimo di Arallio Re di Assiri, questo Faetonte col suo Figliuolo Liguro, e tutta la sua Famiglia, e con grandissimo numero de' suoi Libici venne dall'Egitto in Italia; dove trovando occupata dagli Ansionij la parte Orientale, passò nella Occidentale: “Pesseditque cun suà Potestate Montes, & totum Eridanum vsque in Regionem proximam; istes reliquens nomiana locis.”

Dove gl'interpreti suoi per li Monti intendono la Liguria Montana dalla Marca al Varo, à cui diede il nome di Liguro suo Figliuolo; ed egli calò nella nostra Liguria Piana dove corre l'Eridano dalle Alpi “Comment, Super Beros.”. Et concorda con la Historia di Caio Sempronio nobilissimo e antichissimo Romano. “lib. de descript. Italia: A Nicia ad Macram tenent Lygures Montani origine Pfaetontca.”. Indi parla della Piana denominata da Faetonte. A questo concorda Marco Catone, Testimonio maggior di ogni eccettione, nel libro delle Origini delle Città e Popoli dell'Italia; dove protestano nel Proemio di voler mundar d'Oro la historica Verità dalla scoria delle Favole de' greci; primieramente si ride che Enotrio greco sia stato il primo (come i Greci vantavano) à trasportar Colonie in Italia: poiché il primo fu questo Faetonte: “ Phaeton cum Ligure Filio multiis statibus & Saculis ante Oenotrium, Colonias adiocius Italico Litori.”. Ne solamente alla Macra, ma alla foce del tebro, Liguro suo figliuolo stese il suo regno fino al Varo; e a mezzo camino fabricò il Porto di Ligurao hoggi Livorno. “Ab Osiris Tiberinis vasque ad Niceam: & in madio Portum Lygurum à Filio ninenpatum, vltro cireque litus omne Lyguriam dixit.”. Ma Liguri Montani chiamò solamente quelli, che habitano i Monti dalla Macra al Varo, “Montanos verò omnes Lygures, qui à Macrà ad Nicàm essundnniur.”. Dove Catone osserva (ciò che molto prima di lui osservò Berofo) che questo Faetonte ancor si chiamava Feritonte; “Colunias adiecit Phaeton quem Montani Lygures Pheriton nincupant.”. Et poco dopo: “A Pheritòne, idest Phaetonte qui Colonias adiecit.”. Onde con tre nomi si chiamavano le Colonie fondate da Faetonte; cioè Phaetontea, Pheritiane, Lygusticae: le Fertiane, nella Liguria Montana, dove Liguro si fermò, e fece maggiori acquisti (come si è detto) verso il Tebro. Le Faetontèe nella Piana sopra il Po, dove si fermò Faetonte. Et le Ligustiche in tutto il Regno Montano e Piano. Quinci parlando della Liguria Piana (in conformità di Beroso) scrive che Faetonte quivi fondò più Colonie; e che l'istesso che le fondò, diede il suo nome all'Eridano. “Padus autem à Duce Coloniarum dictus est Eridanus.” Siche, se fuori delle Divine Rivelationi, vi è alcuna fede humana; tu vedi chiaramente che la passata di Faetonte Egittio in Italia; e la Fondatione delle Colonie nella Liguria Alpestre, e nella Piana sopra il Po, no è Favola, ma vera Historia.

(4)

Sopra la sponda del Po fondò questa Colonia.

Che questa città sia stata Colonia veramente fondata da Faetonte; basterebbero in prova due parole di Plinio che scrisse dopo Catone; lib. 3. c. 16. “Ab Alpium radicibus Augusta Taurinorum, Antiqua Ligurum Stirpe.”. Et Strabone che scrisse avanti a Plinio Georg. lib. 4. “Ab altera vergente in Italiam parte ex Montibus predielis, Taurini; Gens Lygustica; reliquique Lygures habitant.”. Dove tu vedi che Torino fu la prima Colonia Faetontea di qua dalle Alpi, fondata da quello che fondò il Regno Ligustico, cioè Faetonte. Non già che tutti i cittadini fossero Egittij; peroche non sarebbero bastate le sue Genti a fornire tante Colonie Montane e Piane: ma perchè raccogliendo da' Monti e da' campi gli Huomini sparsi, e senza Legge, come consentono tutti gli Historici, e tutti' Poeti: gl'incorporò e quasi fermentò co' suoi Libici, e ne populo le Colonie della Liguria Alpestre, e della Piana. Talche “Gens Ligustica” vuol dire “Gens Aegyptia”, & “Phaetontica”; venuta con Faetonte . Et per consequente, questa fu la prima delle Colonie Faetontee; come ha detto Strabone. Peroche, se Faetonte cominciando il suo conquisto dalla Marca, seguito il volo della Vittoria infino al Varo, termine allora della Liguria Alpestre: e fe di quindi passando i Monti Ligustici, scese nell'amena Pianura vicina al Po, per fondar la Laguria Campestre; come consentono tutti gli Storici prenominati, certamente convien che dal Varo, per la più battuta e più corta via, costeggiando il piè delle Alpi, le quali del suo Regno Montano eran le mete; scendesse ne' nostri Campi; e trovandovi tanto fertili e delitiosi; quindi prendesse gli Auspici della Prima Colonia Faetontea. Siche la Liguria Alpestre cominciava dalla Marca fino al Varo; e la Faetontea per contrario, cominciava dalle Alpi fino all'Adriatico. A questa Verità per tempi tanto oscuri troppo chiara, apportò maggior chiarezza uno stuolo di Storiografi posteriori à quegli, ma molto antichi con questo unanime racconto, “Che Faetonte, con altro nome chiamato Eridano, venuto con gran Popolo regnò ne' Monti li quali dal nome di Liguro suo figliuolo chiamò Liguria: & scese in una bella Pianura vicina al Po, dove avendo ritrovati Huomini rozzi & agresti, li ridusse alla vita civile: & quindi sopra a quel fiume fondò una città, & gl'impose il suo nome Eridana; & indi il nome di Torino.”. Et in questi termini successivamente parlano la Cronaca antichissima delle cose di Saluzzo e del Piemonte. Et il Supplemento delle Cronache lib. 3. pag. 31 Libro per quell'antichità eruditissimo. Et Filiberto Pingone illustratore delle Antichità di questa città lib. de Aug. Taur. I quali citano il racconto di Storici molto più antichi. Et perchè come scrive Giovanni Annio, egli è vergogna che le Città l'ignorar la propria Origine: dovendo ciascuno esser meglio informato delle cose sue, che delle straniere. “Nam qui in domestica sua Origine sibi contradicunt, male de aliena atque remota indicare possunt.”: questa opinion tenne sempre di sé stessa la nostra Città. Peroche ne' preliminari del Libro Verde degli suoi Statuti e Privilegi degli antichi Cesari, per ricordare a' suoi Cittadini gli lor Natali: racconta la sua Origine; rapportandola all'Egitto Faetonte; e nella Sala del suo Pretorio, ne hà rappresentata agli occhi vivamente la Immagine, animata da questa Inscrittione.

AEGYPTIO AB REGE
PORPE FLVMINVM REGEM.
REGIA CIVITAS,
AEGYPTII TAVRI OMINE.
AC NOMINE,
AVSPICIUM DVCIT.

(5)

Fra le altre singolarmente amata & honorata.

Confermasi la Verità delle cose anzidette, con altri Argomenti, che per provar l'Antichità delle Famiglie, e delle città, sogliono stimarsi gli più gagliardi, e quali dimostrativi: cioè, i Nomi, le Divise, e i Successi. Per essere dunque stata questa città la prima delle Colonie Faetontee in un Suolo così piacevole dopo l'asprezza dei Monti alpestri, come si è veduto: maraviglia non è, se Faetonte tanto sene copiacque; che l'honorò singolarmente col Nome, con le Insegne, e col Soggiorno.

(6)

“Prendendo gli Auspici del suo Api adorato in Egitto per Patrio Nume sotto sembianze di Toro; del Nume istesso le diede l'Insegne & il Nome”

Che gli Egittij adorassero Apis, ò sia Serapis, che significa Toro, sotto effige Taurina; è cosa troppo nota. Da questo gli Egittiani prendeano gli Auspicij: e ancora a' tempi di tiberio questo Toro fece a Germanico il tristo presagio che si legge in Ammiano Marcellino, Rerum. Gest. lib. 22. Et col Simbolo di questo Nome honoravano i più insigni acquisti. Onde sicome nella Genealogia di Berofo, à Faetonte successe Liguro, e à Liguro successe Cidno, da Greci chiamato Cychnus; e da Cidno, si continuò la Stirpe Reale con molti nomi e Soprannomi Egittij, Api, Osiridi e altri; finchè da toscani fu discacciata: così l'istesso Faetonte il quale conquistò la Catena de' Monti che misurano il lungo dell'Italia, chiamò que' Monti Apenini, cioè Taurini, per l'Auspicio del suo Api, come scrivono tutti gli Scrittori. Et quello Osiride Egittio che soggiogò i Pololi vicini alla Fonte dell'Istro come scrive Diodoro, lib. I. con l'Auspicio dell'istesso Nome chiamolli Taurini, ò sia Taurisci, che suona l'istesso. Et à quella Città che l'istesso Osiride fabricò vicino al Seno Adriatico hoggi Capo di Marca; diè per Trofeo il Nome di Api, chiamandola Taurina, hoggi Trevigiana, come notò giovanni Annio “Supra fragm. Caton. de Originib.” . Con questo Nome adumque stimato sacro, Faetonte initiò questa sua Città chiamandola taurina. Ne col Nome solamente l'honorò, ma con le insegne. Peroche di tutti i tempi l'Imagine del suo Api, cioè il Toro, e non altra Divisa, alzò questa Città ne i suoi Vessilli. Et benchè tutta la Cisalpina fosse poscia da Galli occupata; ella come Città libera, havesse il suo Esercito, e nobili Squadroni di Huomini d'arme, come si dirà; non perciò mutò mai nelle sue Insegne, negli Scudi, e nelle monete avanti che divenisse Colonia de' Romani, già ne' suoi Numini portava impresso il Nome e l'Insegne dell'Egittio Toro; così altro non vi aggiunse Cesare senon il Titolo di Colonia, chiamandola COLONIA TAURINA, Et con quel Titolo inscrisse il Toro ne' suoi Numinismi di quel tempo coniati in Torino, e registrati dal Pingone fra le antiquità di questa Augusta pag.12 Fu dunque una gran Marca del particolar Genio di Faetonte verso questa sua città, primo Vestibolo dell'Italia, di auspicarla col Nome e con le Insegne del suo Nume. Come l'istesso Pingone pag.9 “Taurum, pro religione imprimis habere voluit hanc Urbem, quae ab Alpibus, Italiae primum occurrit: ac ideo Taurina dicta:” e si conferma col Testimonio di tutti gli Historici precitati, e del costume di tutti i Secol. Anzi dal Nome e dalle Insegne di lei fu data la figura al suo Fiume; pingendosi in sembianza di Toro. Onde Virgilio 4. Georg. “ Et gemina auratus Taurino Cornua vultu Eridanus.”

(7)

“ Et Taurini gli suoi Cittadini, & i popoli del suo Distretto; essendo ella Capo di Provincia”

Sicome gli Apenini denominati dall'istesso Api, ò sia Toro Egittio, si chiamavano Taurini alla Latina, e Taurisci alla Greca; così i nostri cittadini ugualmente furono chiamati Taurini da Livio, e Tolomeo: e taurisci da Polibio, e da S. Massimo nostro Vescovo. Ne solamente i Cittadini, ma tutti i Popoli del nostro distretto si chiamarono Taurini da Strabone, Livio, Polibio, Plinio, Tolomeo, e da tutti i Geografi; essendo la nostra Città, come ha detto l'Autore, capo di una grande e nobile Provincia. Celio Secondo, Historico più antico di Livio e da Livio molte volte citato; essendo nato in Torino, come scrive il Mustero Georg. l.2. pag. 188. scrive così; “Augusta Taurinorum appellata est, quia Caput erat Nationis.” Et Livio parlando di questa città assalita da Annibale: Dec.3. lib. 1. “Taurinorum Urbem Caput Gentis eius.”. Et Polibio, lib. 3. pag. 228. chiama Torino la più forte e potente delle Città de' taurini: “Validissimam Taurinorum Civitatem aggressus.”. Perchè i Taurini erano un Vico di molte Città che si estendeano verso l'Occidente fino alla sommità delle Alpi; e verso l'Oriente nella Pianira hoggidì detta Piemonte, fino alla Insubria: e Torino era Metropoli, e la Città Capitale; come à suo luogo vedrai.

(8)

Taurine le Alpi sopra lei eminenti, che lunghi Secoli apresso fur dette Còttie.

Tutto il tratto dal piè delle nostre Alpi fino al sommo, come si è detto, comprendeva i Monti Taurini, ò Taurisci, Strabone, lib. 4. parlando della città di Belloveso per questi Monti, che sono una parte delle Alpi Celtiche; dove Hercole Celtico dell'Egittia Stirpe di Faetonte abbattè senza Favola Taurisco della medesima Stirpe, ma Tiranno, “Per Taurinos Saltus.”.Le quali parole Giusto Lispio Epist. 93. centur. 1. ad Belgas, spiega così, “Per Taurinos Salus, idest per Alpes quae Cottiae postea dicta sunt.” Perchè Augusto donò li Monti Taurini in Titolo di Regno à Cottio suo Amico; sicome si dirà à suo luogo.

(9)

Cognominata Eridania.

Il Nome Eridano, non fu nome Greco, ma Egittio; come si vede nelle Genealogie di Beroso: dove altri Re Egittij furono Nominati, e altri Cognominati, Erìdani. Et questo fu il Cognome di Faetonte: come osservò Giovanni Annio, “Comment, in Sempron”. Et nelle Constellazioni celesti degli Egittij: “Phaeton, siuè Eridanus”. Et perciò apresso à tutti li Poeti Latini e greci, Faetonte si chiama Eridano. Nonnio in Dionis. parlando di Faetonte, “Eridanum intuere Iouis percussum telo”. Con questo suo Cognome adunque piacque à Faetonte di cognominare ancora questa sua Prima colonia Faetontea. L'Antiquario Pingone pag.9. “Eo loco condita Civitas Caput Gentiis, que primum Eridana vocata.” Et prima di lui. la Cronaca di Saluzzo; e il Supplemento; e Leandro Alberti, e altri molto più antichi. Anzi tutta la Provincia de' Taurini si chiamò Eridana dal nome di Faetonte. L'istesso Giovanni Annio, “Qua incipit ab Alpibus; habens plura Nomina, princio Eridana dicta est à cognomine Phaetontis.”.

(10)

Et Eridano il suo fiume.

Con tre diversi Nomi in tempi diversi fu chiamato questo nobil Fiume. A principio fu detto Bòdinus ò Bodinéus, cioè senza fondo, perchè tra gli altri fiumi d'Italia è il più profondo: e in ciò conseguono Sempronio, Catone, e Plinio lib. 3. c. 16. il quale allega il Testimonio di un'antica e distrutta Città che fu chiamata Bodincòmagnum, dov'era la sua maggior profondità. Et delle sue ruine credesi fabricato alquanto più longi Bondéno, e nominato il paludoso Comacchio; benchè vi sia qualche equivoco, che si può ritrarre dal Merula lib. 6. hist. Vicecom. e da Leandro Alberti, “de Roman vultra Padum pag. 343” L'altro Nome fu Eridanus, donatogli da Eridano, cioè Faetonte, come confermano gli Historici e i Poeti. Ma da poi che i Galli occuparono la Cisalpina, col terzo nome fu detto Padus, per la copia dei pini selvatici del Monte dov'egli nasce, i quali nel Gallico Idioma si chimavano Pades: come scrisse riferito Metrodoro da Plinio lib. 3.cap. 16 . Et queste tre etimologie sono espresse da Catone, “Padus, antè à Duce Coloniarum Eridanus: sed à profunditate Bòtigon ab Hetruscis, & Bòtigum à Liguribus: & à circa fontem arbore Piceà, Gallicò Padus nincupatus.”. Ma è d'avvertire, che se ben gli Etrusci dopo i Faetontei chiamarono il Fiume nella lingua loro Bòtigon; nondimento ancor'avanti a' Faetontei con l'istesso Nome alla Etrusca si chiamava. Peroche, seben gli Etruschi discacciarono i Faetontei dalla Cisalpina; nondimento gli Etruschi regnavano in Italia prima dei Faetontei.

(11)

Unico Re de' fiumi

Benche con molti honori habiano i Romani esaltato il suo Tebro; diedero nondimento al nostro eridano la regia Sovranità, come dichiara Virgilio, 1 Georgie. FLVVIORVM REX ERIDANVS: perchè trahendo dal più alto de' Monti (nota: sebbene il Mon. Viso non sia il momte più alto delle Alpi, da chi lo osserva dalla pianura circostante appare il più alto, inoltre la Dora Baltea poteva anche essere considerata la fonte del Fiume, dagli antichi, in questo caso la Dora Baltea nasce dal massiccio del Bianco la più alta montagna d'Europa) alti natali; più chiaro di tutti i Fiumi, come dice Plinio, incoronato di Pioppi e servito da trenta nobilissimi Fiumi e Torrenti suoi Tributari; ancor estinto fa guerra al Mare. Aggiunge l'Autore che questo solo si chiamò Re de' Fiumi avendo il testimonio di Iornandes chiarissimo Historico, De verb. Get. nella descrittione della cisalpina. “ A meridie idem Padus, quem solum Fluviorum Regem dicunt, cognomentum eridanum.”.

(12)

Per diporto agitando la Quadriglia lungo la margine del Fiume; per accidente disastroso.

Che Faetonte trionfator della Liguria, e della più bella parte della Italia cadesse nell'eridano, e vi morisse; tralasciate le Favole, tutti gli Storiografi prenominati lo scrivono. et così così sostiene accade che à lietissimi trionfi succedano funestissime rivolutioni. Onde all'invitto Faetonte può convenir quello Epifonema che fu cantato al valoroso Mario da Ovidio “Ille Ligurtino clarus, Cimbroque Trinunpho, In caeno Marius iacuit, cannaque palustris”.

Ma in qual maniera cadde e perisse, ci è raccontato senza favola da Tzerze antichissimo Hitorico, Chiliad.4.c.137. dove havendo narrato il fatto secondo la favola de' suoi Greci, la dichiara favola Allegorica; e ci espone in Greco stile, ma historicamente, la nascosta Verità, “Che Faetone nato di Regia Stirpe, salito sopra la sua Quadriglia, & agitandola al lungo del suo Fiume, il Carro rimbalzò, & egli si sommerse. Onde sé grande fu la doglia principalmente delle amatissime Sorelle 
che parvero aver sin da quella rina perduto il senso: & di Corpi femminili, essere divenute piante lacrimanti.”
. Aguisa delle Pioppe, lequali su quella riva non han sentimento, e stillano un viscoso umore simile al pianto. Ma circa il luogo dove il misero re naufragò: gl'Historici precitati assegnano sua Colonia donde Eridano più si compiacea; & dove più abbondanti & più felici crescono le Pioppe. essendo chiaro agli occhi, che vicino a questa Città, correndo l'Eridano placido e tranquillo, come diremo, nutrisce altissime Pioppe sopra le rive: ma nel progresso, venendo questo Fiume furiato da tanti Fiumi impetuosi; quali insano baccante, divora le sponde, e fa strage delle Piante, e delle Selve, come cantò Luciano lib. 2.Eridanus fractas devoluit in aequora Syluas, Esperiamque exhaurit aquis.”

Quinci i Poeti, e Historici latini, dicono “Phaetonteum in Padum cecidisse”: ilqual Fiume propriamente si chiamò Padus verso la sua Fonte, perchè, come dice Catone, abonda di Pini selvatici onde prese il nome.

Il che consuoana col Nonnio nella Dionisiaca 38. “Phaeton éxcidit è Curru, fluuionque conditus fiuit Celto.” . Et Dionisio Geografo, in Descript. Orbis; Domicilium Celtarum prpè Fontem Eridani, vbi Heliades fluerunt Phaetontem.”. Dove si dee notare, che quegli Autori chiamano il Po nel suo principio Fiume Celtico; perchè nasce ne' Monti Taurini; i quali, come si è detto di sopra, erano compresi nella regione de' celti, che cominciando ne' Pirenei finiscono nel Piemonte: come Pausania lib.1. e tutti li Geografi. Et con questa notitia puoi tu ridere di coloro, che ridono di Pausania perche tra li Fiumi della regione de' celti annovera il Rodano, e il Principio del Po bagnato la Terra Celtica.

(13)

La Vera Historia diede il Soggetto alla Favola.

Hora essendo dal nostro Autore giustificata la Verità Historica, facilmente potrai conoscere le Allegorie che il Greco Ingegno vi andò poi sopra fabricando. Parlo de' Greci Ingegniosi, perchè ven' hebbero ancora degl'Ignoranti: onde convien distinguere le Allegorie de' Poeti , dagli Errori de' Poeti. Questi distruggono la Vertà, questi la comprovano, come si è detto al principio. Fonsero primariamente que' nobili Ingegni, che Faetonte fosse Figliuolo del Sole: perché egli era Egittio; Regione, come partecipe della Zona Torrida, così più dominata dal Sole, che affuma le facce degli habitanti: e perciò la Metropoli di Egitto si chiama Heliopoli, cioè, “Città del Sole.”. Siche quei Sacri Poeti Greci, con quell'Arguta Metafora confermarono che Faetonte era Egittio, e non Greco.

Quindi è, che gli stessi Greci scherzarono sopra il Nome originale di quel Re; ch'era “Phereion” da “Phut” vocabolo Hebreo, come osserva S. Girolamo in cap. 10. Genes. e Giovanni Annio sopra Berofo; e lo chiamarono “Phaeton” alla Greca, che significa Illustre e Luminoso.

Vollero in oltre i Greci allegoricamente insegnare che sicome non era dell'Arte di un Re il far l'Auriga; e perciò travolse il Carro: così nium si deve accingere ad un'officio nel qual non sia istruito; come interpreta Natal Conti lib. 6. c. 2. e Giovanni Tullio ne' Commenti sopra l'Emblema 56. dello Alciati.

Per il Pianto poi delle Pioppe, non poteano i Poeti esprimere con più arguta Allegoria l'estremo dolor del Popolo e della famiglia che Faetonte havea condotta seco, come afferma Beroso, e si è notato da noi più sopra. Poiche apunto la Pioppa equivocamente si chiama “populus”. Anzi ancora nell'Egitto eressero à questo amatissimo Principe un Mausoleo, ò sia Cenotaffio, per eterna memoria; e à lui scavarono un Tempio. Il che fece credere à Teostrato, che Faetonte non morisse nel Po, ma nella Etiopia: quasi ò le Ossa de' Defonti non si trasportino, ò i Cenotaffi non si dedichino senza le Ossa. Quindi è che gli stessi Egittij per consolare il lor dolore si persuasero ch'egli fosse stato Deificato; e col suo Fiume Eridano trasportato nel Cielo. Et sicome essi e i Caldei furono gli Autori delle Celesti osservazioni e delle stellate Imagini del Firmamento; così nel Globo Celeste formarono (come si è detto) una Constellazione rappresentante questo Re con il suo Fiume, intitolata “Phaeton sue Eridanus”: collocandola sotto la Balena. Et elessero quelle Stelle che minacciano grandi procelle e aquazzoni. La quale Allegoria ancor da' Greci imitatori fu rapportata ne' suoi Libri Astrologici. Onde il Nonnio, Dionis. 38. dopo haver descritto il dolor delle Sorelle e del Popolo ; soggiunse: “Iupiter vero Pater Phaetontem constituit in Cielo, & Fluinum Radiantem in Polo Astor.”. Et Aràto famosissimo Astrologo “In phaenomenis. Mirum enim quales etiam in Cielo illa sub Deorum pedibus ferantur reliquia Eridani uctosi Flunnu.” Siche quelle stesse Favole confermano la Verità della Historia. Ma la più importante Allegoria fu quella, che mentre Faetonte guidava il Carro della Luce, esorbitando i Destrieri s'infiammò il Cielo e Arse la Terra; onde Giove per estinguere l'eccessivo ardore; mendò un eccessivo trabocco di acque: e l'Eridano tanto crebbe che bastò a spegnere la conflagratione; come cantò Lucano; “ Gurgitibus ruptis, penitus Tellure parustà, Hunc habuisse pares Phoebais undas.”.

Con la qual Poetica scrittione vollero adombrare una Historica Verità; cioè, che mentre Faetonte gloriosamente regnava; avvennero in queste Regioni due contrari e horribili accidenti: prima, una fierissima arsura dell'Aria e siccità della terra; immediatamente dopo uno smoderato profluvio di piogge che allagò le Province intere; e fu chiamato il Diluvio di Faetonte, à distintion di quello di Deucalione, e del general Cataclismo di Noè: come scrivono concordemente Eusebio, in Choron. Clemente Alessandrino, in Stromat. Cirillo contra iulian. e Paolo Orosio, in Hist. e li moderni Cronologi, e Mitologi; fra quali l'eruditissimo Natal Conti, lib. 6. cap. 2. sopra quella Historia di Faetonte, dimostra esser cosa naturale, che all'estreme Siccità succedano estremi Diluvij; agli estremi Diluvij estreme arsure. Perilche il Divino Platone, come sopra accennammo, conclude così: “Illa qua vobis quoque comperta est, Phaetontem Solis Filium, quondam Solis currus ascendisse Luciferos, ipsosque exorbitasse, ac incendisse Terram; Fabula quidem videtur sed vera est Historia: fit enim Calestium longo circiutionis tempore Orbitum exorbitatio, quam vastitas conflagrationis sequatur necesse est, & c.”. Dalle quali Verità Historiche conviene inserire, che la caduta di Faetonte nel Po, seguì mentre quel Fiume ancor si trovava rigonfio e furioso.

(14)

Si può calcolare che questa Città sia stata fondata molti secoli avanti alla Fondazione di Roma.

Sicome gli antichi Cronologi incominciavano à contar gli Anni del Regno di Cècrope, che fu la Era de' Greci: e il Diluvio di Faetonte successe l'Anno trenesimoterzo di Cècrope, secondo il calcolo di Eusebio, seguito da Cronologi antichi e nuovi, e principalmente dal dottissimo Saliano: così constando apresso i medesimi Autori che l'Anno trentesimoterzo di Cècrope corrispose all'Anno quemila cinquecento trenta dalla Creation del Mondo: necessariamente si conchiude, che di quell'Anno Faetonte regnava nel Piemonte: e conseguentemente alquanti Anni prima haveva occupata la Liguria, e fondata questa Città. Et eccoti con l'Ombra delle Favole fatta chiara una immemorabile Verità, e giustificata la Origine della nostra Augusta.

(15)

Vicino à quel feroce, ma qui pacifico Fiume.

Egli pare un gran favor del Cielo, che il Po, stimato il più ruinoso di tutti i Fiumi, e più indomito; benchè più sopra, e più sotto con fremito e forza horribile cozzi le rive, e divori i Campi e le Selve; come si è detto; davanti a questa Città cangia natura; e passando tranquillo e cheto, serve solo la fertilità e alle delitie, senza nuocere, ne impaurire. Onde l'Autore, nella Inscritione del Regio Sobborgo del delitioso Valentino che si legge nel suo Volume delle Inscritioni; prese il tema dalla piacevolezza di quello Fiume, allettatrice al riposo:

HIC VBI FLVVIORVM REX
FEROCITAE DEPOSITA

PLACIDE QVIESCIT, &c.

(16)

Come osservarono coloro che scrissero del Genio de' Torinesi.

Gioseppe Scaligero, che insieme professò le Armi e le Lettere, e miliorò nel Piemonte; havendo osservato il Genio de' nostri Cittadini Populari (prima che la Città fosse eletta per fermo soggiorno della Corte, e accresciuta col conforto di mote Famiglie forestiere, numerate dal Pingone, per occasion degli Officij Curiali e Senatorij, lo dipinge al vivo con due Versi:

Terra ferax, Gens laeta, hilaris, addicta choréis. Nil curans quicquid crastna Luna ferat.”

Ma molto meglio dipingerà l'Animo de' nostri Cittadini colui che più altamente considera il Clima e il Sito della Città; lequali circostanze (come dice l'Autore) molto contribuiscono all'Indole Virtuosa, secondo quell'Aforismo, che la tempra degli Animi naturalmente segue la tempra de' Corpi; e quella le Cause Universali. Negar non si può, che una Città più che un'altra, e una Natione più che un'altra, non habbiano alcuna Virtuosa, ò Vitiosa Propensione connaturale. “Tito Livio, lib. 45. Gentes aliae iracundae sunt, aliae audaces, quaedam timidae, in Venerem proniores aliae.”. Alla qual Naturalezza molto contribuisce la Constitution del Cielo, e la differenza de' Luoghi. I Popoli Settentrionali, per la copia del Sangue e vigor de' Corpi, naturalmente son fieri, bellicosi, amatori della libertà, e perciò franchi, e impatienti di Signoria. I Meridionali per la dolcezza dell'Aria, son più ingegniosi, e più capaci delle Arti pacifiche: ma più effeminati (ovviamente viene riferito al carattere)e leggeri. I Mezzani, tenendosi fra l'uno e l'altro estremo, hanno Ingenio più saggio e più fondo: e ugualmente idoneo alle Armi e alle Scienze. Et oltre ciò, il Sito Alpestre nutrisce Spiriti più selvaggi; il Piano, più sociali: l'Humido, più tardi; il Ventoso, più incostanti; lo Sterile, più industriosi; il Fertile più gioviali; il Marittimo, più malitiosi: onde Platone vieta il fabricar città alla Marina; acciochè i Cittadini non riescano perfidi e fallaci. Quel che si è detto delle Nationi, si puòdire delle Città; qual'è il loro Sito, tali generalmente faranno i Cittadini. Non era Tebe molto lontana da Atene; e pure Atenehaveva Ingegni inclinati alle Dottrine, e Tebe molto lontana da Atene; e pure haveva Ingegni inclinati alle Dottrine, e Tebe alle Armi. Onde Platone rendeva gratie à Dio di esser nato in Atene, e non in Tebe, Anzi nella sressa città di Atene, afferma Plutarco, che gli habitatori della Città Alta, erano fieri e renitenti al Governo; e gli habitatori della Piana, cortesi, e amatori del Governo Autocratico. Da tutte queste osservazioni ritraggono i Geografi, ch'essendo la Città di Torino collocata nella zona temperata, sotto quarantatrè gradi e quaranta minuti di elevatione; cioè, mezzana tra il Polo, e l'Equatore, ma alquanto più rivolta all'Equatore, che al Polo: e oltre ciò essendo il Sito della Città non alpestre, non vallicoso, non isterile, non maritimo: ma uguale piano e ameno; le Case habitate e frequenti, l'Aria ferma, e salubre: i Fiumi chiari e correnti; il Suolo asciutto, benchè fecondo: i Venti rintuzzati da Monti da tre parti, e l'aspetto libero e aperto al Sol nascente, che a titti i Vegetabili è salutare e vitale: per conseguente conchiudono che gl'Ingegni de' Cittadini sono lontani da' Vitij estremi de' Popoli Settentrionali e Meridionali; generosi, ma non fieri; gioviali, ma non effemminati; ingeniosi, ma non fallaci; nimici di andar vagando, ma amici degli Stranieri; atti ugualmente alle lettere, e alle Armi; prudenti nel governare; e fedeli à che governa. Odine la Descrittione che ne fa quel gran Mestro de' Cosmografi Giovanni Antonino Magino, tab.11. Pedemont Region. “Taurinorum Gens ipsa Bello ac Literis exellens, aperta, simplex, moribus culta, & perhumana, ac summa hospitalitate in exteros.”.

(17)

La Gallia Cisalpina da Romani Storiografi è chiamata il lato più fiorito della Italia.

Cornelio Tacito Histor. lib.2. “Florentissimum Italiae latus, quantum inter Padum Alpesque Camporum & Urbium.” Et Cicerone della medesima Gallia Cisalpina: “Ille Flos Italiae, illud Firmamensum Impery, illud Ornamentum Dignitatis.” Anzi il Merula chiama la Cisalpina la terra più felice di tutto il Mondo. Antiq. Gall. Cisalp. c. 2. “Citerias Gallia non Italia modò, verum & titius Orbis (scriptorum omnium tum Latinorum, tum Gracorum suffragys) beatissima.”.

(18)

Si può dire che questa Città sia collocata nel più ferace & florido Suolo di tutto il Mondo.

Polibio. lib 2. histor “Huic lateri quod terminari Alpibus dicimus, & quasi trianguli basem intelligimus, subiacent Campi extrema totius Italiae, & omnis Europa maximi atque uberrimi.”.

(19)

La Città più opportuna al commercio della Italia secomedesima: da lei cominciando l'Eridano à soccollare con giuste forze le merci.

Plinio. lib. 3. c, 16. “Ab Alpinum radicibus Augusta Taurinorum, inde navigabili Pado.”. Ma l'Autore vi aggiunge, “con giuste forze”: perchè sebene il Po cominci ad essere navigabile alquanto più sopra; nondiomento il gran commercio con la Italia comincia da questa Città, dove il Po, nutrito dal Sangone, dalla Dora, e dalla Stura, tanto cresce di robustezza, che à servigio di tutta la Gallia Cisalpina porta copiose merci all'Adriatico dalle Alpi; e si può dire dal Mediterraneo; dapoiche il magnanimo Carlo Emanuele Primo, appianando Monti, e alzando Valli, aprì la strada al tragitto delle merci da Nizza al Po; e à tuttoil Mondo fè Porto Franco. Per laqual'Opera, la Città di Nizza che ne riceveva il principal beneficio, assunse il publico ringratiamento con questa Incritione.

MAGNO CAROLO SABAVDLE DVCI
ET VICTORI AMEDEO
INVICTISSIMO FILIO.

Quòd immensa Regalium Animorum amplitudine
Non suos tantum Populos
Sed Uniuersum Orbem compexi
Nationes omnes
Gratuita Portuosi Litoris immunitate
Magnis auctà commodis, recipi voluerunt;
Aeternum Grati Animi Monimentum
Ab omnibus ubique Populis debitum,
Nicia Fidelis collecauit

ANNO MDCXXVIII

(20)

Ne men' opportuna al commercio della Italia con la Francia.

Delle Aperture fatte dalli fabricati dalla Natura per interdire il commercio tra l'Italia e la Gallia; la principale è quella de' Monti Taurini, come si dirà a suo luogo; e di questa, la Città di Torino fu sempre la Chiave. Onde sicome le Alpi da Plinio lib. 3. c. 4. son chiamate “Saluberrima Imperio Romano Iuga”: così in questa Città mantenevano il più forte Presidio per assicurare il commercio tra la Cisalpina e la Transalpina. Ma hoggidì la Real Magnificenza di Carlo Emanuele Secondo, superando quella del Primo; con grandissima opera l'ha facilitata; aprendo anch'esso una via più spedita, dov'è assisa questa Memoria.

CAROLVS EMANVEL II
SAB. DVX, PEDEM. PRINCEPS.
CYPRI REX,

Publica felicitate parta,
Singulorum commodis intentus,
Breviorem securioremque viam Regiam,
A Natura occlusam repagulis,
Aequata Montium iniquitate,
Quae ceruicibus imminebant pracipitia,
Pedibus substernens,
Aeternis Populorum commercitis patefécit.

ANNO MDCLXX

(21)

Quello che col suo Nome la fece Augusta.

A suo luogo si dirà come Augusto Cesare dopoi di haver vinte e sottomesse al Romano Impero tutte le Alpi dal Mediterraneo fino all'Adriatico honorò questa Città col Titolo di Augusta.

(22)

Come disse Livio de' primi secoli di Roma.

Molta pena hebbe Livioà scrivere le Historie di Roma dalla sua Fondazione all'incendio de' Galli, perchè di quel tempo i Romani più intesi alle Armi che alle Lettere; non lasciarono memorie delle Attioni loro. Liv. ced. 1. lib. 6. “Rara per ta tempora litera fuere, una custodia fidelis memoria rarum gestarum. Clariora deinceps certioraque ab secunda Origine, velus ab stirpibus, latiùs feraciùsque renata Urbis gesta domi militaque exponentur.”

(23)

Salito al Solio cento trentotto Anni dopo la Fondatione di Roma; seicento quattordici avanti a' Natali del Salvatore.

Secondo il vero calcolo del Saliano, Annal. sub Anno Mundi 34.39. Tarquinio Prisco, detto il Buono à distintion del Superbo, cominciò à regnare: e l'Anno ventesimoprimo del suo Regno, come scrivono, passò Belloveso di qua dalle Alpi, e s'impadronì della Città e Provincia de' Taurini. Dove tu puoi conoscere un'error del Merula Antiquit. Gall. Cisalp.. il qual confondendo la venuta di Belloveso con Faetonte. Ancora si può notare un'error di Catone De Orig. il quale scrive, che questi primi Galli siano stati chiamati e allettati con dolci frutti e generosi vini da Aronte Nobile Chiusino: “Galli primi Arunte Clusino Duce, Alpes transcenderunt.” Peroche quelli furono i Senoni molto tempo apresso sporavenuti, come vedrai à suo luogo. Questi non furono dagl'Italiani chiamti, ma mandati dal Re de' Celti: come dice Livio.

(24)

Ambigato Re della Gallia Celtica, &.

Nota che sebene i Biturigi erano Popoli della Gallia Aquitanica, come Plinio lib. 4. cap. 10. nondimento di què tempi secondo Livio in questo luogo, Dec. 1. lib 5. a' Biturigi si apparteneva la Elettione del re de' Celti. “Celtarum penes Bitùriges summa Imperij fuit: ij Regem Celticus dabant.” . Perciò convien dire, che Livio non segua la division delle tre Gallie segita da Cesare; ma l'antica che comprendeva gli Aquitani sotto i Celti, come in Sabellico, Hist. ab Orbe cond. Ennead. 4. lib. 1 secondo Tolomeo.

(25)

Era di quel tempo grandissimo il nome & la possanza de' Toscani.

Seben del tempo de' Poeti, il Regno de' Toscani comprendea tutta l'Italia: onde ancora da Catone de Origin, parla dello stato, in cui ella si trovava alla venuta di Belloveso. Et è certo che allora la larghezza della Toscana si estendeva dall'Adriatico al Mediterraneo: onde Livio loco cita: Thuscorum ante Romanum Imperium laté terra marique Opes pasuere; Mari Supere Infereque. Et la lughezza, dal Latio fino alle Alpi: Trans Padum omina loca, excepto Venetorum angulo, osque ad Alpes tenure. Siche havendo discacciati i Liguri Faetontei e gli Umbri  dal Piemonte, e da tutta la Pianura fino all'Adriatico: così da'  Galli venuti con Belloveso furono essi Toscani reciprocamente discacciati; e così sempre il Mondo è stato uno Scacchiere, dove un contra l'altro si muovono què Pezzi, che propriamente son chiamati Latrùncoli

(segiuranno aggiornamenti note)

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